Carezze e sorrisi: il Milan scopre il Balotelli d’America

Mario Balotelli
Mario Balotelli (Getty Images)

Se il buon umore si vede dal mattino – e stiamo parlando del primo mattino in assoluto assieme ai compagni -, allora c’è di che essere ottimisti. Mario Balotelli si è presentato alla prima uscita pubblica della nuova stagione con una faccia che ispirava solo cose buone. L’occasione era la presentazione della maglia bianca allo store Adidas. E quindi: togli il k-way, metti la giacca della tuta, sorridi alle telecamere con la nuova divisa, e via dicendo. Impegni seri e doverosi per un club dalla spiccata sensibilità commerciale come il Milan, ma non certo il top del divertimento.

Il fatto è che lui continua a restare l’icona più popolare – e anche il «prodotto» più commerciale – di tutta la rosa. Quindi è colui che in questi casi viene coinvolto maggiormente nelle dinamiche extra sportive. E poi i duecento appassionati accalcati davanti alle vetrine dello store erano quasi tutti per lui. Un ragazzo che arriva da Panama lo definisce il più grande calciatore italiano e un bambino paffutello di 12 anni spiega teneramente come mai Mario è il suo modello: «He’s a man». Insomma, è un uomo vero. C’è anche un giovane di colore che per omaggiarlo, nel momento in cui Mario scende dal pullman assieme ai compagni, gli blocca la camminata fermandolo bruscamente per un braccio. Aiuto, e ora che succede? Nulla: il Balo si gira e gli fa un sorriso largo così. In altri tempi probabilmente gli avrebbe lanciato un’occhiataccia. Invece entra in negozio e abbraccia affettuosamente un ragazzino che sbuca da un bandierone rossonero.

Evidentemente le vacanze hanno fatto pulizia. Sgombrandogli la mente e facendolo ripartire con serenità. E comunque quel che davvero conta è l’umore e lo spirito del Mario privato. Il modo in cui si è ricongiunto ai compagni e qual è stato il primissimo approccio con Inzaghi. Com’è andata? Semplice: il racconto della serata di martedì, ovvero il ricongiungimento con la squadra dopo due mesi di assenza, non presenta spunti particolari. E forse è proprio questa la notizia. Mario ha salutato tutti, ha cenato con tutti e ieri mattina è salito sul pullman con tutti. Stesso discorso con Inzaghi. Se qualcuno si attendeva qualcosa di particolare – una pacca sulla spalla? Un abbraccio? – rimarrà deluso. Pippo gli ha semplicemente stretto la mano, così come ha fatto con gli altri reduci dalle nazionali Honda, Essien e Muntari. Serviva qualcosa di più? Probabilmente no. Probabilmente non ora. Il tempo dei discorsi, nel caso, verrà più in là. Ora come ora la filosofia del club è chiara: normalizzare Mario. Che non significa tagliargli la cresta e costringerlo a lasciare la Ferrari in garage. Ma dargli una normalità lavorativa. Vanno lette in questo senso le parole dell’altro giorno di Inzaghi, che ha parlato di reset, di anno zero. Di un Milan, insomma, che non deve più essere sempre e solo il Milan di Balotelli. Ma il Milan e basta. Qualche responsabilità in meno potrebbe far bene a Mario, spesso schiacciato dall’«obbligo» di fare il fenomeno a tutti i costi.

Fonte: La Gazzetta dello Sport

 

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