Milan, Montolivo: “Possiamo fare la cavalcata Champions di 2 anni fa. Ruolo? Il regista…”

Riccardo Montolivo (Getty Images)
Riccardo Montolivo (Getty Images)

Riccardo Montolivo, dopo i tanti mesi lontano dal campo a causa della frattura della tibia rimediata in un’amichevole con la nazionale che gli fece perdere il Mondiale a pochi giorni dal suo inizio, è tornato abile e arruolabile nel Milan. Da due partite Filippo Inzaghi lo schiera titolare e soprattutto contro il Napoli la sua presenza si è fatta sentire a centrocampo. Niente di eccezionale, visto anche che il capitano rossonero non è ancora al 100% della forma, ma quanto meno si è notato che finalmente c’è un giocatore che con la palla tra i piedi sa cosa fare ed è in grado di verticalizzare e di fare cambi di gioco. Con il passare del tempo il suo rendimento non potrà che crescere e ne beneficerà tutto il gruppo.

 

Il Corriere della Sera ha intervistato proprio Montolivo per affrontare diversi temi legati al Milan.

 
Un altro giocatore con le sue caratteristiche in rosa non c’è. Quanti punti potrebbe contare in più il Milan con Montolivo in campo dall’inizio?
«Non posso certo dirlo io! Sicuramente mi è dispiaciuto non poter dare una mano. Io ho sempre cercato di dare geometrie alla manovra. Forse qualcosa sotto questo punto di vista c’è mancato».

 

E ora dove vorrebbe giocare? Mezzala o davanti alla difesa, dove staziona De Jong?
«Ho sempre detto che credo di rendere al meglio da regista davanti alla difesa. Ma è stata sempre una mia forza saper interpretare più ruoli, quindi, senza nessuna polemica, gioco dove crede l’allenatore».

 

Il Milan di Seedorf, dopo 15 giornate, aveva più punti di questo: che differenze vede?
«È difficile fare paragoni, ma parliamo di due squadre in cerca di un’identità. Ora guardiamo al futuro, a un Milan che punta all’Europa. Stiamo facendo un ottimo lavoro».

 

Addirittura ottimo? I risultati sono stati altalenanti…
«Sì è vero, ora questo Milan deve guardarsi allo specchio e dirsi che cosa vuole diventare. La sfida è con noi stessi. Credo che questa squadra non possa prescindere da uno spirito operaio fatto di intensità, sacrificio, determinazione».

 

Tra l’entusiasmo del presidente Berlusconi che dice che il Milan è da Champions e il realismo di Inzaghi che frena, lei da che parte sta?
«Nel mezzo. Sono d’accordo con il presidente quando dice che questa rosa può competere per le prime posizioni, a patto che mantenga lo spirito che dicevamo, altrimenti è dura».

 

Che allenatore è Inzaghi?
«La qualità che tutti gli riconoscono è di trasmettere una grande carica, è un motivatore. Ma un’altra qualità di cui si parla meno è che impara in fretta: in pochi mesi è cresciuto tanto. È una spugna, assorbe i consigli di tutti. Ha una sua identità di gioco, ma credo che quando un allenatore è all’inizio abbia l’obbligo di ascoltare chi ha più esperienza».

 

Da capitano come si comporta con i compagni che affrontano un momento difficile, tipo Torres e Pazzini?
«Devi capire qual è il momento giusto per fare due chiacchiere. In certi momenti qualsiasi parola può sembrare scontata e magari infastidire. Soprattutto i più giovani devono trovare il loro equilibrio. Penso, per esempio, a El Shaarawy e De Sciglio. È capitato anche a me: dopo l’exploit, c’è un momento di down. Non appena si trova un equilibrio, in campo e fuori, si torna su».

 

Faccia un augurio a se stesso e uno al Milan.
«Io mi auguro di stare bene, certe cose si danno per scontate, ma quando non ci sono ti accorgi di quanto mancano. Al Milan auguro la stessa cavalcata del girone di ritorno di due anni fa. Io ci credo».

 

Redazione MilanLive.it

 

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