Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Giacomo Bonaventura ha raccontato questi suoi primi mesi al Milan: ”
Jack, viene da pensare che lei da piccolo a scuola se la cavasse in tutte le materie: un 6,5 in italiano, un 7 in matematica e così via…
«(ride, ndr) Me la cavavo un po’ dappertutto, è vero, anche se non avevo molta voglia di studiare. La scuola non era la mia passione, ma bisognava andarci e allora cercavo di arrangiarmi».
La duttilità si allena o è innata?
«La duttilità è un’attitudine. La puoi mettere in luce solo se scendi in campo sapendo quello che devi fare. Ho questa caratteristica, ma se emerge è anche merito dell’allenatore e dei compagni».
Il giocatore più duttile della Serie A è Vidal, che è stato anche terzino e centrale di difesa. Lei è il Vidal del Milan?
«Magari… Con Vidal ho in comune gli inserimenti da dietro. Arturo è fantastico, completo, un esempio per quello che fa in campo».
Lei è un po’ il segnale della gara che vuole fare Inzaghi: se sta avanti serve attenzione, se gioca in mezzo si può osare di più.
«Sì. Se gioco a centrocampo devo inserirmi e creare soluzioni per i tre attaccanti, senza dimenticare la fase difensiva. Se parto più avanti, ho compiti diversi e devo cercare di essere un po’ più cinico nell’ultima giocata».
Ma un ruolo preferito ce l’ha?
«Mi piace tantissimo la posizione delle ultime partite, nell’albero di Natale: parto dal centro, mi muovo tra le linee, attacco la profondità».
Lei è un jolly in un mondo di specialisti.
«La specializzazione è una deriva sbagliata: ti aiuta a esplodere, ma poi devi migliorare, cambiare, adattarti. E se vuoi giocare nelle grandi squadre è inevitabile farlo».
E’ il momento della riscoperta delle ali o degli esterni offensivi. Una moda o una necessità dettata dalla chiusura degli spazi?
«L’ala è sempre fondamentale. Un giocatore forte nel dribbling crea la superiorità e fa la differenza, soprattutto in partite molto tattiche».
Gabbiadini al Napoli, Cerci al Milan, anche l’Inter cerca un esterno: servono le ali per volare al terzo posto?
«Di sicuro aiutano. Però più che il singolo serve l’organizzazione che faccia rendere bene i giocatori in questione».
Certo, come nei quiz di una volta. Tornando a Berlusconi, alla quindicesima visita consecutiva non le è scappato un «ancora?»…?
«Ahahahah… No, io sono contento perché ci dà fiducia e motivazioni».
A proposito della Roma, rimasti in 10 ha pensato «adesso vediamo a che punto siamo»?
«Ci ho pensato anche prima dell’inizio. Era un esame e ci siamo comportati bene. Abbiamo attaccato, creato pericoli e se fossimo rimasti in undici chissà…».
Potreste avere sette punti in più: quelli lasciati a Empoli, Cesena, Palermo.
«Mi sono dato delle spiegazioni. Eravamo all’inizio, non ci conoscevamo. Nei primi mesi ci sta di sbagliare qualche partita. Adesso tutti pensiamo la stessa cosa allo stesso momento. E si vede».
Quale squadra è la favorita per il terzo posto?
«Fino alla fine ce la giocheremo con Napoli, Inter, Lazio e le genovesi. Ma io sono ottimista, ci tengo tantissimo a giocare finalmente la Champions, il mio sogno».
Si è mai chiesto cosa sarebbe cambiato se fosse finito all’Inter?
«No, ma so che il Milan è la società giusta per me. Stiamo aprendo un ciclo e sono contento di farne parte. E’ una società fantastica sotto tutti i punti di vista. Ma anche l’Inter sta crescendo».
L’Intervista completa oggi su La Gazzetta dello Sport.
Redazione MilanLive.it