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Categorie: Milan News

Maldini: “Al Milan si punta poco su tradizione e valori. Un giornalista mi chiese se fossi raccomandato”

Paolo Maldini (Getty Images)

Paolo Maldini, storica bandiera del Milan, ha rilasciato un’intervista a Paolo Condò per Gazzetta TV nell’ambito della trasmissione ‘Condò Confidential’ ed ha ripercorso alcune tappe della sua carriera di calciatore parlando ovviamente anche della sua esperienza in rossonero durata per oltre 20 anni.

 

Queste le prime parole pronunciate riguardanti a valori del club milanista: “Quando sono arrivato in prima squadra al Milan, ho preso ad esempio le persone silenziose che si notavano in campo, come Franco Baresi. Ora sono cambiati i tempi: una volta non c’erano le tv in camera, era più facile cementare un gruppo, si stava di più insieme. Ultimamente si punta poco sulla tradizione e sul vero valore del Milan“.

 

In rossonero ha avuto tanti allenatori e Maldini ricorda coloro che sono stati importanti per lui sotto diversi punti di vista: “Sono stato molto fortunato. Liedholm mi ha fatto aspettare un po’ prima di farmi esordire: mi ha dato tranquillità, diceva che il calcio era un gioco. Poi ho avuto Capello in Primavera ed era perfetto perché insegnava cose da professionisti. Sacchi mi ha insegnato tantissimo e, nel momento migliore della mia carriera, ho riavuto Capello che mi ha detto semplicemente di giocare da grande giocatore. Zaccheroni mi ha dato un input a livello fisico, ha fatto sì che cambiassimo rispetto al passato e infine Ancelotti, il meglio per me a quell’età. Il 2002-03 era la stagione post mondiale. Tutti mi davano per finito e ho fatto la mia stagione migliore in assoluto. A livello di forza. Quell’edizione di Champions è partita con dei preliminari e io ho giocato tutte le partite. L’abbiamo vinta ed è stato un segnale importante“.

 

Lo Scudetto vinto nel 1988 in rimonta fu una grande impresa visto che il sorpasso avvenne nello scontro diretto del San Paolo contro il Napoli di Diego Armando Maradona: “Lui disse che non voleva vedere neppure una bandiera rossonera. Era logico, si giocava lo scudetto. Era un avversario simpatico, arrivava sempre con dei dolori, si lamentava, poi cominciava la partita ed era un mostro”.

 

Alla pluri-vittoriosa carriera di Maldini è mancato almeno un successo con la nazionale maggiore e, ovviamente, non manca qualche rimpianto per non aver alzato dei trofei soprattutto quando vi era la possibilità di farlo: “A Italia ’90 abbiamo giocato sempre a Roma: il fatto di cambiare città ci ha un po’ destabilizzato, anche perché giocammo a Napoli contro l’Argentina di Maradona. La finale giusta sarebbe stata Italia-Germania, purtroppo non è andata così. A Usa ’94 ci sono andato ancora più vicino: si giocava in condizioni assurde, c’erano tanti grandi giocatori, ma non potevamo fare il nostro gioco, a ritmi alti. Aspettare una finale mondiale è una sensazione stupenda, ma se non riesci a controllare la tensione è dura. Baggio? Non si presentò all’allenamento delle 8 prima della gara col Brasile che era alle 12.30: nessuno di noi sapeva se avrebbe giocato o no. Nel 2002 in Corea e Giappone fu un Mondiale gestito malissimo: un giornalista, dopo la partita con la Croazia, mi chiese se giocavo perché ero raccomandato. Non mi sono più presentato in una conferenza stampa. Poi ho smesso con la Nazionale“.

 

Paolo è sempre stato un giocatore corretto, ma a volte anche lui è stato preso dal nervosismo contro alcuni giocatori avversari: “Ho litigato con Berti, Mutu, Materazzi. Lui mi fece espellere. Il sangue va, e quando si chiude la vena… Sono uomo anch’io, il sangue ribolle. Serena era uno spigoloso: sono entrato duro, ma lui si è spostato e ho beccato Baresi in faccia. Gli avversari più duri? Maradona, Ronaldo nei due anni di Inter era fenomenale, e Zidane“.

 

Redazione MilanLive.it

 

Scritto da
Matteo Bellan