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Rodriguez si presenta: “Milan, quanto amore. L’Italia era il mio sogno”

Ricardo Rodriguez (©Getty Images)

MILAN NEWS – Prenderà il numero 68 di maglia in onore dell’anno di nascita di sua mamma. Uno svizzero dal cuore latino che nella vita ha sofferto, ma ha saputo rialzarsi e a 25 anni ha forse l’occasione migliore della sua carriera con la maglia del Milan.

Ricardo Rodriguez è uno dei volti nuovi del club rossonero, giunto per 15 milioni più bonus dal Wolfsburg. Un terzino mancino di spinta che sa anche giocare al centro della difesa, interpellato oggi dalla Gazzetta dello Sport inizialmente proprio sulle sue caratteristiche: “Il Milan è una squadra molto buona, io so che posso migliorare nella tattica e in mille altre cose. Imparare mi piace. Credo che starò a sinistra, mi hanno cercato per questo e il mio calcio è lì. Il Milan però sa che per sei mesi ho fatto il centrale, se serve sono pronto. La mia migliore qualità? La tranquillità nella gestione della palla. Sfida per le punizioni con Calhanoglu? Io o lui, possiamo tirare entrambi… Ne abbiamo segnate tante in passato: chi si sente meglio, calcia. E poi qui c’è tanta qualità: possono tirare anche altri “.

Il terzino svizzero classe ’92 ha poi ammesso di volersi rilanciare in Serie A, campionato da lui sempre sognato, trovandosi già a proprio agio a Milanello: “L’ultimo anno abbiamo cambiato tre allenatori e questo è stato un problema. Poi non so, i giocatori non avevano la voglia di vincere sempre, tutta la squadra giocava male… e anche io. Volevo l’Italia, ora sono felice. Era il mio sogno. Qui c’è amore per il calcio e io amo il calcio. Sento che i tifosi qui amano il club, l’ho capito subito, appena sono arrivato. Mi dicono “vai Ricky che vinciamo quest’anno” oppure mi scrivono su Instagram, su Facebook: ‘Andiamo a vincere tutto'”.

Oggi per Rodriguez e compagni l’esordio in amichevole contro il Lugano: “Appuntamento speciale per me, a papà piaceva molto il calcio, lui e mia mamma aiutavano sempre me e i miei due fratelli, che oggi giocano in Svizzera. Il problema è che ci allenavamo tutti in posti diversi. Uno veniva accompagnato da lui, uno da lei e alla fine della giornata ci trovavamo tutti insieme. Anche i miei nonni davano una mano perché la famiglia ci ha aiutato molto. Tutti i miei tatuaggi, anche quelli sul braccio e sul collo, sono dedicati a loro”.

 

Redazione MilanLive.it

Scritto da
Keivan Karimi