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L’altra impresa di Ibrahimovic: sfatato il tabù di Gullit e Shevchenko

Ibrahimovic sta riuscendo in un qualcosa di impensabile. Shevchenko, Gullit e altri non erano stati in grado sfatare questo tabù.

Zlatan Ibrahimovic (©Getty Images)

Non ci sono più parole per Zlatan Ibrahimovic. Un’altra doppietta ieri a Napoli ha trascinato il Milan verso vittoria e primasto. A Napoli, uno dei campi più difficili d’Italia e contro una squadra costruita per stare in alto. Solo l’infortunio ha potuto fermarlo: confermata la lesione al bicipite femorale, dovrà saltare almeno due o tre partite. Non ci sarà contro il Lille, la Fiorentina e il Celtic; da valutare se tornerà a disposizione per la Sampdoria.

Un’assenza pesante per il Milan che ormai è tutto sulle sue spalle. A 39 anni sta, sta riuscendo a fare cose che altri non riuscirebbero in una carriera intera. Gol, assist, leadership e anche altro: con la tua personalità ha cambiato la testa di tutti e ha trasformato un gruppo di buoni calciatori in squadra. E’ questa la vera grande impresa di Ibrahimovic, ma non l’unica. Lo svedese sta arrivando anche dove gente come Gullit, Shevchenko e altri non sono arrivati.


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Il Milan e la maledizione dei ritorni

Andriy Shevchenko (©Getty Images)

Proprio per esperienze passate, si dice che in casa Milan ci sia una maledizione ritorni. Tutti i campioni che sono andati via e poi tornati non sono riusciti a tenersi sui loro standard. E’ successo con Gullit, quando nel 1994 tornò dopo l’esperienza alla Sampdoria; è successo a Shevchenko, tornato in rossonero nel 2008 dopo due anni al Chelsea. In tempi più recenti, abbiamo due esempi meno forti ma comunque validi: Kevin-Prince Boateng e Mario Balotelli.

Ma la maledizione dei ritorni si è manifestata anche con gli allenatori: da dimenticare, ad esempio, furono i bis di Arrigo Sacchi e Fabio Capello. Diverso è, invece, il discorso legato a Ricardo Kakà: nella sua seconda esperienza al Milan nel 2013 non fece poi così male (9 gol in 37 partite), ma non era minimamente paragonabile al Kakà visto negli anni precedenti. Una delle poche eccezioni è rappresentata da Roberto Donadoni, che tornò al Milan nel 1998 dopo l’esperienza in America e vinse lo scudetto con Zaccheroni allenatore.

Ibrahimovic sta sfatando anche questo tabù. Perché non solo si sta dimostrando ancora all’altezza, ma, come ha confermato anche Gattuso ieri nel post-partita, sta quasi facendo addirittura meglio della prima esperienza, con dieci anni in più sulla carta d’identità. Qualcosa di incredibile, di straordinario, di trascendentale. Per questo Ibra davvero sono finiti gli aggettivi.

Scritto da
Pasquale La Ragione