Albertini: “Milan, lavori in corso. Prima della tattica conta la mentalità di gruppo”

Demetrio Albertini
Demetrio Albertini
Intervista odierna del Corriere dello Sport all’ex regista rossonero Demetrio Albertini, vicino pochi mesi fa a diventare nuovo presidente della Federcalcio. Queste le sue parole recenti sul Milan e sugli obiettivi stagionali:
Demetrio Albertini, allora El Shaarawy è diventato un problema per il Milan?
«Ma no. E perché mai?».
Beh, nelle ultime due gare Inzaghi lo ha lasciato per 90’ in panchina…
«La realtà è che il Milan è ancora un cantiere. Negli ultimi 2-3 anni, la scelta è sempre stata quella di cambiare molti giocatori. Significa che ogni volta è stato necessario ripartire da capo. Invece, servirebbe continuità nella gestione, come avveniva in passato».
Cosa dovrebbe fare allora Pippo?
«Io credo che il primo passo debba essere la costruzione di una mentalità di gruppo, uno spirito comune che permetta di condividere prima il percorso e poi gli obiettivi. Gli schemi e la tattica vengono dopo. Per farlo, però, occorre il sostegno della società e dei giocatori con maggiore personalità e leadership».
Uno di questi potrebbe essere proprio il Faraone, che ormai è arrivato alla quarta stagione in rossonero…
«Cominciamo con una premessa, io credo che Inzaghi parta da un’idea di calcio sicuramente offensiva. Che non significa però preferire un successo per 4-3 o 3-2, piuttosto che per 1-0. Alla base, la filosofia è quella di sfruttare tutto il potenziale a disposizione e, a mio avviso, il 4-2-3-1 è un modulo interessante e adatto alle caratteristiche della rosa rossonera. E, a proposito di El Shaarawy, mi pare possa essergli congeniale».
Ma…
«Se decido di mandare quattro punte contemporaneamente in campo, tutte devono lavorare per occupare gli spazi e mantenere l’equilibrio. Il che non significa fare i terzini o i centrocampisti aggiunti, dedicandosi solo al recupero del pallone, ma avere la disponibilità al sacrificio. Se questo tipo di atteggiamento lo hanno soltanto in due, allora anche per gli altri attaccanti è impossibile fare bene. Ci vuole il contributo di tutti. Altrimenti, meglio affidarsi a un 4-4-2, con sole due punte di ruolo e due centrocampisti veri sugli esterni».
Sostanzialmente è ciò che ha fatto Inzaghi a Cesena, preferendo Bonaventura e Honda a El Shaarawy…
«In una squadra in costruzione come il Milan, la settimana peggiore è proprio quella con 3 partite, perché manca il tempo per preparare i vari appuntamenti. E i problemi aumentano se la prima partita, come è accaduto ai rossoneri con la Juventus, toglie certezze».
Detto questo, su chi deve puntare allora Inzaghi?
«Non vedendo gli allenamenti non è facile rispondere, ma, ripeto, io credo che si possa insistere con il 4-2-3-1. E pure nella sua versione più offensiva, vale a dire con El Shaarawy, Menez e Torres. Non vedo problemi di coesistenza tra di loro. Ma Pippo deve essere bravo a inculcare nella testa dei suoi giocatori la mentalità per sostenere questo tipo di modulo. E deve trovare lui il modo di farlo. E’ evidente, peraltro, che l’atteggiamento della squadra non possa che essere spregiudicato. Il trucco in questi casi è riuscire a far paura agli avversari».
Redazione MilanLive.it
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