Nesta: “Milan, 2-3 innesti per tornare grande. Seedorf e Inzaghi senza colpe, non si investe”

Alessandro Nesta
Alessandro Nesta

Intervista della Gazzetta dello Sport ad Alessandro Nesta, l’ex campione e difensore del Milan che in questo momento è in India per chiudere la carriera nel Chennaiyin dell’amico Materazzi. Ecco cosa ha detto il centrale romano sulla squadra rossonera attuale e sul futuro ideale secondo il suo parere.

 

Ha già in mente un altro viaggio, quando anche lo scudetto indiano sarà assegnato?

«Troverò un aereo per l’Italia e chiuderò il corso da allenatore. Esame a settembre e poi una squadra, in Italia o nel mondo. Magari un giorno arrivo al Milan, è ancora e comunque un punto d’arrivo».

 

 

Un paio di suoi ex compagni l’hanno toccato prima di lei. Seedorf e ora Inzaghi. Invidia?

«Tutt’altro, sono amici carissimi. Per me Clarence aveva fatto il suo e pure di più. Pippo invece va aspettato, poche volte ho visto il suo Milan giocar male, ha spesso accusato errori individuali. Ha portato idee ed entusiasmo. È legato ad Ancelotti e a Cagni. Il punto è che la qualità è scesa di molto e gli obiettivi invece no, ci si aspetta chissà cosa ma la squadra non è più quella di una volta».

 

Pensiamo in categorie: quante ce ne starebbero tra il suo Milan e quello di oggi?

«Non posso rispondere, sarei offensivo (ride, ndr). Ma è anche vero che prima facevi il mercato con 100 milioni di euro e oggi, forse, con 5. Quella disponibilità ora appartiene ad altri e noi siamo tagliati fuori, senza nemmeno competere».

 

In passato aveva detto: «Al Milan di oggi manca il nostro vecchio zoccolo duro». Ribadisce?

«Quei giocatori hanno anche dei costi. Non ti puoi più permettere quel tipo di spesa, e neppure una via di mezzo. Magari avrei tenuto Ambrosini un anno in più, per trasmettere lo stile Milan, che è qualcosa che non si spiega ma si trasmette, appunto. Poi ci sono altre storie: io potevo restare ma non mi sentivo più competitivo per andare in giro a marcare Messi. E poi ancora sono arrivate le cessioni di Ibra e Thiago Silva, non più economicamente sostenibili. Ma si entra in un problema italiano e non del solo Milan».

 

Lo zoccolo duro di oggi è Abate-Bonera-Montolivo… anche questo è distante dal suo?

«Sì, sono bravissimi giocatori e ragazzi serissimi ma… Ma noi avevamo Maldini. Paolo deve rientrare nel calcio, da qualsiasi porta. Poi c’erano Costacurta, Gattuso, Shevchenko: gente che giocava bene non una partita su due ma sempre. E gli altri facevano di tutto per seguirli».

 

Disse anche: «Il Milan può arrivare terzo». Ribadisce?

«Ho girato il mondo e il nome del Milan è sempre troppo importante per arrivare… ottavo. Possono puntare alla Champions, certo prima giocavi per vincerla e ora per entrarci, come spero. E solo se troveranno continuità: oggi sono le caratteristiche dei giocatori a rendere altalenante il rendimento. Ma stentano anche Inter, Napoli e le altre: è un peccato però, sembra una corsa a chi fa meno peggio. Il Milan, in Italia, può fare di più, mentre fuori non è competitivo. Servirebbero 2-3 innesti di livello, ma si torna al solito discorso, i soldi. Oppure cambi mentalità: investa su una rete di osservatori. Avrebbe comunque più possibilità dell’Udinese di scoprire altri Kakà».

 

Analisi reparto per reparto.

«La difesa non è così male, Rami e Mexes sono buoni giocatori, Alex lo è di certo, Abate stava facendo bene. E in attacco il Faraone è fortissimo, il più bel talento che hanno. Deve solo imparare a gestire le emozioni. Torres invece è arrugginito, ma potrà e dovrà sbloccarsi. Il limite è in mezzo: poco ricambio».

 

Redazione MilanLive.it

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