Inzaghi si racconta: “Quel messaggio di Mourinho e l’ultimo gol al Novara”

Pippo Inzaghi ha rilasciato un’intervista a DAZN. L’ex bomber e allenatore rossonero ha raccontato alcuni retroscena della sua carriera. 

Una carriera da calciatore unica e straordinaria quella di Super Pippo Inzaghi. Indimenticabili e quanto mai decisivi i suoi numerosi gol con la maglia del Milan. Nell’intervista a DAZN, ha ricordato alcuni retroscena.

Il 3 novembre 2010 Inzaghi segnò una doppietta da subentrato contro il Real Madrid. Nella video intervista sopra, ricorda le parole di José Mourinho alla vigilia della partita che snobbava tutti gli altri attaccanti rossoneri perché aveva paura solo di Inzaghi. E proprio super Pippo con una doppietta bucò la difesa dei Blancos. La partita finì poi 2-2.

“Non ti arrendere mai, in 10 minuti hai cambiato la storia. Firmato José Mourinho. In quel Milan c’erano Irbra, Pato, Robinho. Detto da lui, mi caricò molto la cosa. Entrai in campo, feci due gol. Raggiunsi Raul. Avevo due maglie in panchina con 69 e 70, ero un po’ pazzo. Crederci così tanto, poi ti fa avverare i sogni.

Il ricordo di Stefano Borgonovo: “A volte ci lamentavamo per niente, lui ci ha dato grande forza. È stato un lottatore, lo ricordo volentieri. Portai la maglia del record proprio a casa sua. Poi ci lasciò”. 

Inzaghi: “Sono allenatore grazie a Galliani e mio fratello”

Dopo il ritiro dal calcio, Inzaghi ha intrapreso la carriera da allenatore. Primo successo con il Milan Primavera al torneo di Viareggio, poi la sfortunata esperienza in prima squadra con i rossoneri: “Pensavo di restare in questo mondo, ma a quarant’anni non accettavo neanche l’idea di smettere. Quando ho finito la partita col Novara, pensavo di giocare ancora, poi ho capito che giocare con un’altra maglia che non fosse stata quella del Milan, dopo quello che mi era successo, con il goal all’ultimo tiro sotto la curva, sarebbe stato difficile”.

Come e perché ha intrapreso la carriera di allenatore: “Grazie a Galliani e a mio fratello Simone, che faceva già l’allenatore nelle giovanili della Lazio, oltre che al mio procuratore Tinti, mi hanno convinto che allenare potesse essere la cosa giusta. Devo dire che hanno avuto ragione”.

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