Come il Milan avrebbe potuto spendere i 160 milioni del 2019

Milan, altri 160 milioni di investimento a vuoto sul mercato. Da Lucas Paquetá ad Ante Rebic: un 2019 che segna un nuovo fallimento. Poteva andare diversamente? 

Ante Rebic a Milanello
Ante Rebic a Milanello (Foto AC Milan)

Lucas Paquetá e Krzysztof Piatek. Poi Rude Krunic, Theo Hernandez, Ismael Bennacer, Rafael Leão, Léo Duarte e infine Ante Rebic. Il calciomercato del Milan in otto nomi. Tutto il 2019 per un totale di 160 milioni di euro, nonché l’ennesimo investimento a vuoto targato Elliott Management Corporation.

Perché a vuoto andrà tutto ciò. O quanto meno ciò per cui questa squadra era stata costruita: la Champions League. Un budget non ampissimo ma quanto meno utile per avvicinarsi all’obiettivo, non sprofondare da esso. Ed è proprio questo ciò che ora la proprietà ora recrimina alla dirigenza: evidentemente non è un problema di quanto si investe – non principalmente -, ma come si spendono questi soldi.

E al di là di tutto, qualcosa dice che non ha funzionato quest’estate. Certo le basi non erano certamente grandiose, ma le aggiunte non hanno nemmeno incrementato il livello del Diavolo. E allora il quesito sorge spontaneo: come si sarebbero potuti spendere quei soldi? 

Dall’azzardo Paquetá alle frenate su Suso e Calhanoglu

La doppia premessa è doverosa: facile parlare col senno del poi, così come è decisamente più semplice esprimersi davanti a un pc a fatto compiuto quando uomini che hanno scritto la storia del Milan erano lì a lavorare nel loro mondo. Ma se il Milan oggi è undicesimo, qualcosa di certo non ha funzionato. Dunque senza voler mancare di rispetto ai diretto interessati – lungi da noi – è giusto mettere in dubbio l’operato complessivo.

Partiamo da Paquetá: affare 35 milioni di euro più bonus. Risultato? Un solo goal in 11 mesi. La società era certo di prendere un talento nel gennaio del 2019, ma era altrettanto consapevole che si trattava anche di una scommessa per una serie di fattori. E considerando le acque in cui naviga già all’epoca il Milan, forse non era il caso di osare. Soprattutto a tali cifre. Quel tesoretto, piuttosto, andava dirottato magari per un altro attaccante, magari un assist-man da affiancare al nuovo bomber così da rinunciare finalmente ad Hakan Calhanoglu e Suso che hanno parecchio stentato con Gennaro Gattuso.

C’è poco da dire su Piatek: i 30 milioni – considerando i ritmi a cui viaggiava al momento dell’acquisto – si sono rivelati anche un affare considerando gli oltre 50 in proiezione estiva. Se poi all’improvviso è blackout totale per il polacco, poco ci può fare la società.

E’ poi chiaro che i sacrifici invernali, senza l’aggiunta della Champions, siano ricaduti dritti sui conti estivi. Soprattutto poi senza cessioni capaci di dare un certo sprint. E in tal senso è stato probabilmente un errore non privarsi appunto di Suso e Calhanoglu, magari anche scendendo leggermente dalle richieste.

Dalla scelta di Leão al mistero Correa

Se dei 35 milioni per Paquetá fossero stati investiti solo 20 per un attaccante, il Milan avrebbe potuto aggiungere quei gruzzoletto ai quei 10 spesi per Krunic. Per carità: l’ex Empoli ha fatto il suo finora, ma il Milan è un’altra cosa. E se l’intenzione è tornare ai fasti di un tempo, bisogna esserne consapevoli. Bennacer ancora non ha mostrato il suo pieno potenziale, ma quasi 20 milioni per il miglior giocatore dell’ultima Coppa D’Africa ci stanno.

Punto interrogativo invece su Leão: potenzialmente può raggiungere livelli altissimi, ma nel pratico è ancora una pietra grezza e su cui c’è da lavorare. Stesso discorso di Paquetá: valeva la pena con così poche chance da giocarsi? Forse in questo caso sì trattandosi di un attaccante che può far la differenza, ma allora in quel caso gli va data fiducia incondizionata e possibilità di crescita e continuità.

Duarte si è rivelata un’occasione low-cost soprattutto in virtù di Mattia Caldara, da stendere invece un velo pietoso su Rebic: mentre la piazza aspettava quell’Angel Correa inseguito un’intera estate, arriva in rossonero l’enigmatico croato. Da un trequartista per il 4-3-1-2 a un esterno di un 4-3-3. E quei 30 milioni di budget per l’argentino? Perché non sono stati dirottati per un altro fantasista?

La mossa della discordia è stata soprattutto questa qui. Se il club si fosse mosso con saggezza in quest’ultima parte, forse qualcosa sarebbe potuta cambiare. Poche risorse e zero capacità nel vendere per ovviare all’esigenza: il primo grande tracollo è avvenuto qui. Theo Hernandez resta l’unica vera mossa da Milan. 

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