Ambrosini: “Inzaghi è un vincente, ha riportato disciplina a Milanello”

Massimo Ambrosini
Massimo Ambrosini

Intervista del Corriere dello Sport di oggi a Massimo Ambrosini, ex capitano del Milan che ha vinto tanto con la maglia rossonera ed ha disputato tantissimi derby contro l’Inter. Ecco le sue dichiarazioni per intero:

 

Massimo Ambrosini a cosa deve puntare il Milan di Inzaghi?

«Io mi concentrerei su un obiettivo ben preciso: la Coppa Italia. Dopo poche partite arrivi in finale. Se la conquisti ti qualifichi per l’Europa. Puoi lavorare per vincere un trofeo e al tempo stesso creare un’idea di squadra».

Inzaghi piace a tutti. Come si potrebbe definire nel contesto di questo Milan?

«Io lo definirei come la nuova “spina dorsale” di questa squadra. Al di là di quello che stanno facendo e possono dare i giocatori, la differenza la sta facendo Pippo. Ha riportato a Milanello l’unità di intenti di un certo tipo. Per quanto riguarda il lavoro e la disciplina».

È importante questa fase?

«Si tratta di una base da cui ripartire. Certo, poi ci vogliono i giocatori giusti e tutti hanno l’obbligo di crescere abbastanza in fretta».

Una volta per catalogare un rossonero abile e arruolabile si usava l’espressione «uno da Milan».

«Sì, ma io concentrerei questa ricerca fra i giovani. A patto che ci sia la volontà di puntarci nel contesto della prima squadra».

Molti allenatori, anche del passato, hanno vestito la maglia rossonera.

«Milanello è sempre stato una grande scuola. In questo senso penso che Brocchi e Nava, che allenano la Primavera e la Berretti, siano ottimi insegnanti di calcio. E un buon maestro nel calcio è indispensabile».

Dove migliorare il Milan in questo settore?

«Tutte le società, non solo quella rossonera, devono fare più attenzione alla programmazione, devono sempre monitorare il cammino di un giovane».

Ad esempio?

«Per l’Astori della situazione che sta crescendo positivamente deve essere prevista una collocazione in prima squadra a breve, medio termine per lui nell’anno successivo. La programmazione è fondamentale per poter valorizzare i giovani».

Inzaghi come si colloca in questo progetto assolutamente rivoluzionario?

«Io dico solo una cosa: dategli in mano le chiavi di tutto, quello che sta facendo è importante. Il Milan fa bene, benissimo a ripartire da lui. Pippo può veramente diventare il “Ferguson” del Milan, potrà lasciare una traccia indelebile anche da allenatore e da manager. Rispetto a Sir Alex ha anche giocato e vinto tantissimo nella squadra che ha sempre amato».

Ma Inzaghi maschera qualsiasi situazione con il sorriso dispensando incredibili dosi di positività e pazienza.

«Fa bene, anche se nella sua carriera di calciatore è sempre stato un vincente abituato ai più grandi successi. La squadra che allena in questo momento non è quella dove giocava lui… Anche se Inzaghi fa bene, è bravo a leggere e a interpretare alla perfezione questo momento».

Per gennaio Inzaghi si aspetta qualche rinforzo importante. la linea mediana è il settore che soffre di più. Di chi avrebbe bisogno?

«Sicuramente di un centrocampista diverso rispetto a quelli che ha. Un elemento con grandi qualità, con più estro, in grado di mettere più velocemente in moto le punte».

Quale potrebe essere la soluzione ideale?

«Dipende se continuerà a giocare con il centrocampo a 3. Comunque per Inzaghi è fondamentale il recupero di Montolivo».

Non solo Milan, ma anche tanta Italia. Quella necessaria per battere la Croazia a San Siro.

«Sì, ci vorrà una squadra tosta e competitiva per la prima, vera grande sfida che conta dell’era-Conte».

Che partita sarà?

«Difficile, resa ancora più complicata dalle numerose assenze che dovrà affrontare il Ct».

Anche in maglia azzurra si accusa la crisi di…nascite di veri campioni.

«I numeri parlano chiaro, la percentuale di italiani che gioca nei grandi club è ormai minima».

Cosa è cambiato? Qual è il problema?

«Come al solito si predica bene ma si razzola male. Nessuno si fida a farli crescere. Ormai non esiste più una generazione che permette il giusto ricambio».

Anche il baby-Ambrosini avrebbe fatto fatica a emergere in questo periodo del calcio italiano.

«Certo. Io ho avuto l’opportunità di inserirmi nel Milan perchè ai miei tempi (nel 1995 l’approdo a Milanello; ndi) si potevano mettere a referto solo 3 stranieri. Mentre io ero in panchina o giocavo degli spezzoni di partita Savicevic e Boban magari erano costretti ad accomodarsi in tribuna perchè giocava Desailly».

Al Milan puntano molto su De Sciglio ed El Shaarawy.

«Sì, stiamo parlando di due ottimi giovani… Ma bisogna anche considerare in quale contesto vengono inseriti. Quello attuale è un periodo particolare, di grandi cambiamenti».

Qual è il problema?

«L’ambiente rossonero non è ancora ottimale per favorire l’innesto, a colpo sicuro dei giovani».

Ci sono altre situazioni da considerare?

«Sì, secondo me è calata di molto l’ambizione personale che non deve mancare mai, bisogna sempre avere la voglia di cambiare in meglio».

Che cosa è successo?

«La cultura dei giovani di adesso è molto diversa. Prima noi ci arrabbiavamo se non giocavamo, se non eravamo titolari. Adesso si arrabbiano se in una foto su Twitter o Instagram sono venuti male…».

Quindi?

«Quindi basta distrazioni futili e inutili. Noi non ne avevamo e, comunque, eravamo più portati dall’ambiente che ci circondava ad essere meno distratti».

Basta vizi?

«Anche miei tempi, forse, i calciatori ne avevano… Ma avevano sicuramente più ambizione, la voglia di arrivare soprattutto al primo posto anche a livello personale alimentavano il proprio ego. Adesso evidentemente questi parametri sono cambiati».

Massimo Ambrosini è opinionista Sky anche in occasione delle qualificazioni a Euro 2016. La formula di questa competizione è quella giusta?

«Secondo me sì, perchè si dà rilevanza alle Nazionali, anche a quelle meno conosciute. C’è la possibilità di poter vedere molti più giocatori, gli spettatori sono sicuramente più interessati».

 

Redazione MilanLive.it

 

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