Boateng si racconta: l’infanzia, il Milan, la Champions, il ruolo di trequartista e il nome Prince…

BOATENG MILAN CHAMPIONS – Kevin Prince Boateng ha rilasciato una lunga intervista a Die Welt toccando diversi tempi.
Sulla propria infanzia ha affermato: Senza pallone non andavo nemmeno a buttare la spazzatura? Sì, è vero, da ragazzo stavo tutto il giorno con il pallone, anche quando andavo a buttare la spazzatura, visto che a casa quello era compito mio. Anche a scuola andavo sempre con il pallone, la cosa non piaceva molto agli insegnanti, ma ho sempre detto che avrei fatto il calciatore. Sono cresciuto giocando nella gabbia in riva al Panke, a Berlino: era dura, si giocava sul cemento, ma imparavi a rialzarti una volta caduto. Giovavo contro uomini che avevano già 35 anni e io ero sempre il più piccolo, il più magro, il più giovane: mi ha aiutato, il calcio di strada è molto più estremo di quello professionistico”.

Sul Milan: L’obiettivo al Milan è chiaro: bisogna vincere. Abbiamo molti giocatori giovani, dobbiamo costruire una squadra. Stiamo lavorando duramente per migliorare come squadra e possibilmente arrivare nelle prime tre posizioni. In Champions League sarà difficile, ma in due partite tutto è possibile. Giocare contro il Barcellona, la migliore squadra del mondo, è una grande opportunità, sarà una grande partita. Questa sarà la terza volta in due anni che li affrontiamo, sarà una partita di cui si parlerà molto, alla fine saranno due partite in cui tutto può accadere. Davide può battere Golia, tutto può succedere.

Sempre sulla Champions League: Ho sempre sognato di giocare la Champions League e, ovviamente, di vincerla. Non sapevo se avrei mai giocato per una nazionale, ma sapevo che sarei arrivato in una squadra dove avrei potuto giocare in Champions. Si tratta del trofeo più importante per un club, è lì che i migliori si affrontano e solo il migliore in assoluto vince. Se imparo di più da una vittoria o da un sconfitta? Chiaramente voglio vincere sempre, ma per quanto mi riguarda imparo di più da una sconfitta: non so se possa valere per gli altri, ci sono caratteri diversi, ma quando perdo mi chiedo dove ho sbagliato e che cosa ho ancora da imparare”.

Sul suo ruolo: “Quest’anno abbiamo provato molti moduli diversi perché avevamo giocatori nuovi, una squadra nuova. Ho sempre detto che adoro giocare da numero 10, dietro gli attaccanti: non importa che sia un 4-2-3-1 o un 4-4-2 con il centrocampo a rombo. Quando gioco da trequartista ho la mia libertà, so quali spazi coprire ed è per questo che è la mia posizione preferita. Molti mi vedono come centrocampista più arretrato, ma non ho giocato spesso in quella posizione. Non penso di essere molto bravo sotto l’aspetto difensivo, ma ogni allenatore ha la sua filosofia. Mi considero un numero 10″.

Infine svela la scelta del proprio nome: Perché ho scelto il nome Prince? Volevo andare in una nuova direzione, magari anche sviluppare una nuova identità, anche perché c’erano sul mio conto tante storie e la mia immagine non era un granché, sia in Germania che nel resto del mondo. C’era la possibilità di aprire un nuovo capitolo, e poi  all’epoca c’erano tanti Boateng: mio fratello Jerome, l’olandese George e poi Derek, che giocava con me nel Ghana. Così mi sono detto: che bel nome da usare sulla maglia, e così resterà per sempre”.

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