Abate: “Milan, ora resto a vita. Con Inzaghi non si scherza. Il mio modello? Gattuso”

Ignazio Abate (Getty Images)
Ignazio Abate (Getty Images)

Ignazio Abate, dalle stalle alle stelle; un percorso durato qualche mese che lo ha visto da escluso e relegato in panchina a uno dei migliori difensori della Serie A, grazie alla cura Inzaghi, grazie ad un’estate di lavoro duro e deciso, con cui il laterale del Milan ha dimenticato la stagione orrenda ed il Mondiale pessimo. Abate, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, ha parlato di presente e futuro e delle ambizioni della sua squadra.

 
Abate, si sente un giocatore ri­trovato?

«Il cambio di allenatore ha fatto bene a me e al gruppo, si respira un’aria diversa. Ma non mi esalto adesso come non mi sono depres­ so prima».

Perché l’arrivo di Inzaghi è sta­to così importante?

«Lo conosco da anni: Inzaghi è un maniaco, un perfezionista. Lo era da giocatore e lo è da tecnico. Nello spogliatoio si fa rispettare: c’è il momento in cui si lavora, e lì Inzaghi non transige, e il momen­to in cui si può scherzare. C’è una fiducia corrisposta tra noi e lui. Da tanto non si respirava un’aria così a Milanello».

Con Seedorf cosa non ha funzionato?

«Non gli ho mai chiesto spiegazioni per le esclu­sioni e gli ho sempre detto le cose in faccia. Pretendo solo rispetto e lealtà. In quei mesi soffrivo, rischiavo di perdere il Mondiale. È stato un capitolo sfortuna­to per me e per il Milan. Mi ha fatto piacere che See­dorf abbia detto che mi sono sempre comportato da professionista».

Leonardo era stato il primo a darle fiducia e Alle­gri aveva continuato sulla stessa strada.

«Leonardo è stato fondamentale: quell’anno pen­savo di fare il ritiro e poi andare via. Mi voleva la Roma. Mi impostò Leonardo da terzino. Lui ha cam­biato un po’ la mentalità della società puntando sui giovani. Con Allegri all’inizio non giocavo, ma dopo il Real non sono più uscito. Con lui ho un rapporto di amicizia: è una persona leale, sincera, vera».

Per questo la vuole alla Juve. Lei che cosa intende fare? Il contratto è in scadenza.

«La mia priorità è il Milan: lo aspetterò finché po­trò. Questa è casa mia, anche se so che nel calcio ci si può separare. Io voglio restare e chiudere qui la car­riera. Non riesco a vedermi con un’altra maglia ad­dosso, almeno in Italia: al massimo andrei all’estero.Ma il momento di salutarci non è arrivato. Quando arrivo a Milanello, mi emoziono ancora».

Si diceva che lei fosse il cocco di Ibra. Ci sono stati pregiudizi nei suoi confronti? Si è sentito sotto­valutato?

«Di Ibra ero e sono amico. Ci sentiamo spesso e mi dispiace per­ ché non può giocare per un pro­blema al tendine. Ma la nascita di certe voci non le capisco: sta alla sensibilità e all’intelligenza di cia­scuno valutare le cose nel modo opportuno. Io so di poter andare in giro a testa alta, mi sono sempre comportato da professionista, ho pensato solo a lavorare e mi meri­to le soddisfazioni attuali».

A proposito, secondo la media voto della Gazzetta lei è il secondo miglior difensore della Serie A dietro a Romagnoli. Gli esterni de­stri più quotati, Lichtsteiner (6,29) e Maicon (6,25), sono alle sue spalle. Se l’aspettava?

«La continuità è il vero salto di qualità che ho fat­ to. Ha influito l’allenatore e anche la posizione: gio­care 20 metri più avanti mi consente di arrivare più lucido al cross. Non penso a prendermi rivincite, ma mi godo il momento di forma: se sto bene fisicamen­te riesco a giocare con maggiore tranquillità».

La catena di destra con Honda e la vocazione of­fensiva del Milan sono un aiuto?

«Con Keisuke ho un grande affiatamento. Cer­chiamo di mettere in pratica quello che ci chiede l’al­lenatore. Abbiamo una mentalità offensiva, ma sap­ piamo che Inzaghi vuole equilibrio e ci adattiamo alle varie situazioni della partita senza perdere la nostra identità».

La Nazionale è il prossimo passo?

«Non ci penso, mi concentro solo sul lavoro quoti­diano. Se poi il frutto di questo lavoro fosse l’azzur­ro, sarei ovviamente felice».

Ma Abate può essere per Conte il Lichtsteiner az­zurro?

«Giocare a cinque è diverso che farlo a quattro. A cinque hai compiti più offensivi, a quattro devi fare più spesso le diagonali difensive. Però credo di po­terlo ricoprire bene questo ruolo».

Chi è stato il suo modello?

«Ho sempre seguito l’esempio di Gattuso. Io ho la stessa mentalità di Rino: dare sempre il massimo per me è la normalità».

Ad alcuni mesi di distanza, voi giocatori dovete rimproverarvi qualcosa per il Mondiale?

«Sarebbe sbagliato dare la colpa solo a Prandelli. Fisicamente non eravamo al 100%. È vero che nel resort si respirava poco l’aria del Mondiale. Io non ho portato la famiglia perché per me il ritiro è ritiro. Detto ciò, non c’era un clima vacanziero».

La finale dell’Europeo 2012 giocata da titolare è insieme il ricordo più bello e più brutto?

«È stata una mazzata, eravamo convinti di vince­re. Ma la Spagna era più riposata di noi».

Riuscirà ad aiutare Torres a sbloccarsi?

«Non credo che Nando stia facendo male. I suoi movimenti sono sempre funzionali alla squadra. E poi è un grande professionista e un esempio per tut­ ti: ci mette il cuore».

Quale immagine fotografa il Milan di Inzaghi?

«L’abbraccio dopo i gol: il gruppo è la vera forza. Siamo tanti e per l’allenatore non è facile gestirci.Eppure non ci sono problemi».

Non segna da oltre un anno. Le manca il gol?

«No: di gol ne ho sempre fatti pochissimi. Preferi­ sco concentrarmi sugli obiettivi della squadra. Il ri­torno in Europa è obbligatorio, poi vedremo in quale coppa. Certo, ci manca da morire giocare il martedì e il mercoledì sera».

 

Redazione MilanLive.it

 

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