Albertini: “Milan, non specchiarti nel passato. Serve un progetto per il futuro”

Demetrio Albertini e la moglie (Getty Images)
Demetrio Albertini e la moglie (Getty Images)

Demetrio Albertini è stato un grande giocatore del Milan in passato e dopo aver smesso con il calcio giocato ha intrapreso un altro tipo di carriera, a livello dirigenziale. E’ stato infatti vicepresidente della Figc e candidato alla presidenza, ma Carlo Tavecchio ha poi avuto la meglio. E’ una figura giovane che ha tanta voglia di cambiare in meglio la situazione calcistica in Italia rispetto ad alcuni vecchi dirigenti che chiaccherano tanto ed occupano certe poltrone da anni senza fare il bene collettivo.

 

Nell’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, ha parlato anche della situazione attuale del Milan. Questa è la sua opinione sul momento complicato che sta vivendo il club: «Se prendi un allenatore come Pippo, poi devi sorreggerlo. È chiaro che dopo otto mesi cominci a fare una valutazione. Presi singolarmente i giocatori valgono di più dell’attuale classifica. Bisogna avere chiara in testa la situazione del Milan: oggi non ci si può specchiare nella gloria del passato ma costruire un progetto, guardare al futuro. Quando ho visitato il museo rossonero, mi sono permesso un suggerimento: lasciate qualche parete vuota in modo che possa essere riempita. Siamo a febbraio e il Milan è ancora un cantiere aperto. Bisogna prendere giocatori di prospettiva e per assemblarli ci vuole un allenatore che sia un insegnante, un maestro. In campo il leader può essere Montolivo, ne ha tutte le caratteristiche».

 

Albertini ha poi così risposto in merito alla possibilità di vedere un Milan senza Silvio Berlusconi: «Il cuore dice di no, ma è pur vero che il calcio è cambiato profondamente rispetto a quando lui si insediò. Ora serve programmare. Mi auguro che Berlusconi abbia l’equilibrio per garantire a questo Milan qualcosa di più».

 

Infine ecco il suo giudizio sulla necessità degli allenatori delle grandi squadre di avere una certa esperienza facendo la gavetta, differentemente da quanto fatto da Filippo Inzaghi: «Io ho fatto esperienza in Spagna, dove vengono svolte serie selezioni e c’è pure un test d’ingresso per gli allenatori, mentre in Italia si privilegia chi ha giocato ad alto livello. Ormai l’allenatore è la sintesi di tante cose: tattica, gestione del gruppo, psicologia. Serve un percorso articolato. Bisognerebbe fare come in Spagna».

 

Redazione MilanLive.it

 

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