Come volevasi dimostrare… Il Milan fallisce la ‘missione continuità’. Pippo, ma ti ascolti?

Chievo Verona-Milan (Getty Images)
Chievo Verona-Milan (Getty Images)

Dopo la vittoria non brillante contro il Cesena, il Milan era atteso ad una prova di maturità al Bentegodi contro il Chievo Verona. Vincere e provare anche a convincere per trovare finalmente un po’ di continuità a livello di vittorie. Missione fallita dalla squadra di Filippo Inzaghi, autori di una scialba prestazione nonostante le occasioni per fare gol non siano mancate. Ma sotto porta i giocatori rossoneri non si sono dimostrati cinici e per fortuna neanche quelli di Rolando Maran, che hanno avuto le chance per fare male.

 

Il proclama della vigilia, ovvero quello di riuscire a inanellare una serie di almeno 3-4 vittorie consecutive, è stato prontamente disatteso. Questo Milan ci ha ormai abituati a mostrarsi in tutta la propria mediocrità e a deludere. Lontani sembrano i tempi delle prime vittoria in campionato, quando si parlava di entusiasmo e di una squadra rinata dopo la gestione de ‘l’uomo nero’ Clarence Seedorf. Invece la situazione rispetto ad un anno fa è pure peggiore.

 

Quando a fine partita si sente Inzaghi dire “Non è facile giocare contro il Chievo, non si può pensare di venire qui e dominare” cascano le braccia. Con tutto rispetto per la squadra clivense, ma se la mentalità che trasmette Pippo è quella di portare fin troppo rispetto per le squadre medio-piccole non si va da nessuna parte. Il Milan non ha un organico da corazzata in stile Real Madrid o Bayern Monaco, ma sentire pubbliche dichiarazioni di questo genere innervosisce. E non è la prima volta che il mister si esprime in questa maniera in seguito a risultati negativi contro formazioni più che abbordabili. Nessuno si aspetta che getti fango su sé stesso e sui giocatori, ma le sue analisi sembrano quasi sempre lontane da quella che è la realtà dei fatti.

 

Dispiace che un grande ex campione come Inzaghi si trovi in questa situazione, anche se nessuno lo ha costretto a sedersi sulla panchina milanista. I ricordi più belli che abbiamo di lui sono legati alle sue imprese da giocatore, ma nei panni di allenatore sta deludendo. La dirigenza e i giocatori lo stanno aiutando poco, ma è anche vero che le sue scelte lasciano molte volte a desiderare. Ovviamente andava messo in preventivo che la sua inesperienza sarebbe stato un dazio da pagare, ma il società evidentemente hanno fatto male i calcoli.

 

A questo Milan bisogna staccare la spina, è stato detto più volte. Proprietà, quadri dirigenziali, allenatore e giocatori devono cambiare. Serve una rivoluzione per poter rivedere il Diavolo Rossonero in alto. In questo periodo i tifosi vengono illusi dalle voci relative all’ingresso di soci di minoranza che porterebbero capitali da poter investire anche sul mercato al fine di tornare competitivi in Italia e in Europa. Ma chi è l’imprenditore che accetta di finanziare un determinato business a queste condizioni, in uno scenario come quello rossonero che prevede debiti, un parco giocatori di livello mediocre e la mancanza di uno stadio di proprietà.

 

Proprio sullo stadio si fanno mille ragionamenti e sembra poter essere la chiave di svolta del Milan per il futuro. Barbara Berlusconi ne è convinta e anche molti tifosi si dimostrano fiduciosi. Certamente avere un impianto di proprietà ha dei vantaggi che non si possono negare, ma la vera svolta è costruire una vera squadra composta da giocatori di un determinato livello che possano contendersi trofei sia in Italia che in Europa. Lo stadio di per sé non basta se non crei un organico che spinga i tifosi a riempirlo e gli sponsor a finanziarti.

 

Si è parlato molto appeal che il Milan ha ancora come brand. E’ notizia di ieri che il Chelsea ha firmato un contratto di sponsorizzazione da 55 milioni di euro annui per 5 anni con la Yokohama. Solo il Manchester United con Chevrolet (70 milioni all’anno) è riuscito a fare meglio. E in casa rossonera si esulta per i 20 milioni, bonus inclusi, che Fly Emirates garantirà ogni anno fino al 2020. Soldi che non verranno investiti comunque sul mercato, ci siamo abituati.

 

Matteo Bellan

 

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