Dal 4-3-3 al 3-4-2-1: il nuovo Milan di Pioli, elastico e verticale

Pioli ha già dato un’identità tattica al Milan. Si parte dal 4-3-3 ma poi la squadra si dispone con il 3-4-2-1. Riviviamo la partita tattica.

Stefano Pioli Milan
Stefano Pioli (©Getty Images)

La fragilità del Milan è angosciante. E questo lo sappiamo da tempo. Si è confermata ancora, anche con Stefano Pioli. Perché, diciamocelo, è ormai chiaro che questo problema non si risolverà mai cambiando ogni volta l’allenatore.

Questione di testa, di forza mentale. Che il Milan, questo Milan, proprio non ha. Perché giovane sì, ma anche perché nessuno dei giocatori ha abbastanza personalità. E quella o ce l’hai o non ce l’hai, che tu sia ventenne o quarantenne. L’unico che ne ha è Gianluigi Donnarumma, ma dalla porta (oltre a metterci costantemente una pezza) può fare poco. Se ti fai rimontare anche dal Lecce (con tutto il rispetto), a San Siro, dopo una buona prestazione, allora ci sono poche speranze di crescita.

Milan, modulo fluido e Theo a tutta fascia

Con Marco Giampaolo era un Milan senza né capo e né coda. Pioli, in dieci giorni, è invece riuscito a dare un’identità, almeno dal punto di vista tattico. E di cose interessanti se ne son viste diverse. Diversi dubbi sulle scelte di formazione; hanno acquisito maggior senso appena iniziata la partita. Un 4-3-3 in continua trasformazione, grazie alla mobilità di un giocatore, Hakan Calhanoglu, che è sempre molto criticato ma è uno dei pochi che almeno prova a creare. Che ci riesca o meno, poi, è un altro discorso.

In fase di possesso il Milan è passato ad una sorta di 3-4-2-1, quindi: Theo Hernandez che diventa esterno a tutta fascia, Alessio Romagnoli si allarga e Andrea Conti stringe. Linea a tre dietro in costruzione, con Lucas Biglia e Franck Kessie in mediana; Lucas Paquetà avanza la posizione e diventa trequartista insieme a Calhanoglu, che nel frattempo, da esterno, si accentra per lasciare campo libero alle scorribande di Theo. Ecco spiegato perché Pioli ha invertito le posizioni delle due mezzali.

La mobilità di Leao e l’errore di Conti

Davanti c’è Rafael Leao. Come ha spiegato lo stesso allenatore in conferenza stampa post-partita, lo ha scelto per le sue caratteristiche. E in effetti, per questo sistema gli serve il centravanti che si muova per tutto il fronte offensivo per favorire gli inserimenti: frequenti quelli di Calhanoglu, Paquetà si è limitato ad un lavoro di raccordo, ogni tanto ha provato a buttarsi dentro Biglia (Kessie più bloccato). E Suso? Largo a destra, l’unico posto dove riesce ad essere un minimo pericoloso con la solita giocata a rientrare. Ma proprio un minimo.

Da 4-3-3 a 3-4-2-1 insomma, già visto anche con la Fiorentina. E ha funzionato, fino a quando non arriva l’ennesima ingenuità di Conti, un giocatore che sta facendo fatica a ritrovarsi (sempre se si è realmente mai trovato). Dopo il gol subito, dentro Rade Krunic (impatto molto positivo) per uno spento Paquetà (protetto e elogiato ancora non sappiamo perché) e Piatek per Leao (indurimento muscolare). Con il polacco cambia tutto perché ha qualità diverse rispetto al portoghese. Nel frattempo Theo, dopo una partita molto dispendiosa, inizia a dare segni di cedimento, allora Pioli ricorre alla carta Ante Rebic.

Suso Milan Lecce
La posizione di Suso nell’azione del 2-2 di Calderoni in Milan-Lecce

Suso, solita rogna

L’errore sta nel sostituire Kessie e non Biglia, anche lui molto stanco. Ma l’idea è quella di un 4-1-4-1 di assalto, quindi il mister preferisce tenere l’argentino per impostare meglio l’azione. Krunic e Calhanoglu mezze punte, Suso (insostituibile, aspettiamo ancora spiegazioni) a destra e Rebic a sinistra, Piatek punta. Dopo pochi minuti dall’ingresso del croato, arriva il gol del Pistolero, il primo su azione in questo campionato. Ancora straordinario Calhanoglu nella costruzione, bravo anche Krunic nel capire le intenzioni del turco.

Con la rete del vantaggio, il Milan si piazza con il 4-2-3-1 ma il problema non è tattico. C’è stanchezza e quella solita paura di chi sa che prima o poi prenderà gol. Sbaglia prima Biglia nel disimpegno, poi Suso che passeggia e lascia perdere Calderoni. Che riceve, sistema la palla e calcia in tutta la tranquillità mentre lo spagnolo percorre quei 10 metri di ritardo. Il gol della vita, certo, e chissà perché sempre contro il Diavolo (Brignoli docet), ma come ripetiamo da sempre: sono i dettagli, anche piccoli, a fare la differenza fra una vittoria e un pareggio che sa di sconfitta.

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