Montolivo: “Mai rifiutato un trasferimento, la verità su Gattuso”

Riccardo Montolivo dice addio al calcio giocato e vuota il sacco sul ‘caso Milan’. Lunga intervista dell’ex capitano rossonero al Corriere della Sera oggi in edicola. 

Riccardo Montolivo
Riccardo Montolivo (©Getty Images)

Riccardo Montolivo dice addio al calcio giocato. Reduce dalla deludente e scottante chiusura al Milan, il 36enne ha confermato la decisione in un’intervista al Corriere della Sera dove è tornato anche sui misteriosi fatti in casa rossonera.

Atalanta-Milan del 13 maggio 2018, dunque resterà questa la sua ultima partita da professionista: “Sì. In quello stadio, avevo esordito in A con l’Atalanta, contro il Lecce, nel 2004”. Non ce ne sono state altre, poiché Gennaro Gattuso ha deciso di non schierarlo mai in campo dal suo arrivo.

Un mistero che ha caratterizzato tutta la gestione di Rino. Anche in piena emergenza ha preferito fare esperimenti, tipo Davide Calabria in mediana o adattare Tiémoué Bakayoko in regia, piuttosto che puntare sul classe 85. Montolivo, tutt’oggi, sembrerebbe non aver risposte: “Per me non è successo nulla, ma non sono riuscito a spiegarmi questa situazione e non ho mai avuto risposte“. 

Montolivo ha anche provato ad averne di spiegazioni: Ho parlato con il tecnico. Mi ha detto che i miei dati nei test non erano al livello dei miei compagni. Come sarebbe stato impossibile visto che fino a metà novembre non mi è mai stato concesso di allenarmi con il gruppo. Per giustificare la mia chiamata, poi, Gattuso fece riferimento all’indisponibilità di Brescianini e Torrasi, due Primavera. Quasi dovesse scusarsi”. 

Cosa succedeva in allenamento? “Dopo il “torello” con la squadra, venivo invitato ad allenarmi, spesso solo, altre volte con Halilovic, o con i giovani della Primavera”. Eppure, secondo l’ex centrocampista, non c’è stato neppure un avvio difficile tra di loro: “No, anzi. Nel novembre 2017, quando sostituì Montella, Gattuso chiamò me e qualche altro giocatore più esperto per chiedere e ottenere il giusto sostegno”. 

La decadenza di Montolivo iniziò dalla fascia di capitano persa: “Montella e Mirabelli. Sono loro che dopo l’arrivo di Bonucci mi dicono che avrei dovuto cedergli la fascia di capitano. Rispondo che non mi sembrava una buona idea, perché il Milan era un grande club, aveva equilibri delicati, altri compagni come Bonaventura avrebbero svolto meglio quel ruolo e comunque la decisione doveva essere presa nello spogliato”.

Ma non ci fu possibilità di replica: “Mi dissero che non c’era discussione, era la scelta dell’allora presidente Yonghong Li. Stessa risposta che ebbi da Bonucci”. Un altro strappo fu sancito a fine luglio 2018, quando non venne convocato per la torunée statunitense: “Non mi venne mai spiegato. I dati di Milan Lab confermarono la mia ottima condizione, ma evidentemente non era questo il problema. La decisione mi venne comunicata dal team manager, con un sms il giorno prima della partenza”. 

Fu inutile parlarne anche con la dirigenza: “Ne ho parlato anche con Leonardo e Maldini, tutti mi dissero che ero diventato la terza scelta, che dovevo capire. Ma era un senso di ignavia, la cosa che più mi deprimeva. Poi, dopo l’episodio di Milan-Fiorentina, mi è sembrato chiaro che non fossi più la terza scelta. Forse ero diventato la nona“. 

Eppure, nonostante tutto, è comunque rimasto: “L’ho fatto per motivi diversi. A fine luglio, dopo la non convocazione per la tournée, mancavano una manciata di giorni alla fine del calciomercato, che quell’estate chiudeva a Ferragosto”. Mentre a gennaio: “Era iniziato uno stillicidio di voci. Io stavo bene, sto bene, ma qualcuno iniziava a non crederci: come se non si volesse contraddire il Milan e puntare su di me. Comunque sia chiaro: non ho mai rifiutato un trasferimento“.

Infine la chiusura: cosa dirà a Gattuso quando lo incontrerà? “Credo nulla, magari lo saluterò. Però ricordo che lui mi disse, “io non avrei reagito come te a questa situazione”. Evidentemente siamo diversi”. 

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