Shevchenko: “Milan nel mio destino. Spero torni in Champions per i tifosi”

In occasione della presentazione della sua biografia, Andrij Shevchenko ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Repubblica. Tanti i focus sul Milan

Andrij Shevchenko
Andrij Shevchenko (©Getty Images)

Shevchenko è sicuramente uno di quelli che ha fatto la storia del Milan. Con il club rossonero, l’ucraino ha vinto tutto! È stato protagonista del Milan più europeo e più bello di sempre probabilmente.

L’ex attaccante rossonero, oggi allenatore dell’Ucraina, è stato intervistato ai microfoni de La Repubblica in occasione dell’uscita della sua bellissima biografia “Forza Gentile”. Sheva, oltre a toccare tantissimi temi riguardanti il calcio internazionale e le sue regole, si è anche focalizzato sul Milan di ieri, del quale lui ha fatto parte, e quello di oggi, che potrebbe ritornare in Champions League dopo 7 anni.

Shevchenko è stato uno di quelli che ha vissuto a pieno le più belle notti europee rossonere. Non a caso, la sua intervista in ottica Milan si focalizza maggiormente sul tema Champions League.

Questi i temi salienti e le risposte dell’ex bomber ucraino:


Leggi anche:


Sheva-Champions è connubio perfetto: “L’identificazione è giusta. La mia unica possibilità di farmi vedere fuori dall’Ucraina era la Champions. E siccome con Lobanovskyi la Dynamo Kiev faceva ottimi risultati e io ero al centro di quel progetto, Braida e Galliani sono venuti a vedermi. Per questo poi ho avuto la possibilità di finire al Milan”.

Il destino quella volta a Parigi: “C’erano anche Leonardo e Raì. Ma guardi che il Milan era già nel mio destino fin da ragazzino, a 15 anni. Giocai il mio ultimo torneo con le giovanili della Dynamo vicino a Milano. Nel giorno libero visitammo la città, pranzando là sotto, vede, in Galleria Vittorio Emanuele. E poi andammo a San Siro, da turisti. Entrando in campo, mi venne spontaneo pensare: io qui ci tornerò per giocare”.

A 18 anni di distanza dalla notte di Old Trafford: “Quella foto è il manifesto della mia carriera, la mia più grande vittoria. La cosa più difficile è non cambiare idea in quei 50 metri dalla metà campo al dischetto: in una frazione di secondo capisci che cosa fa il portiere, che però ti può anche ingannare. Perciò devi aspettare di capire quando lui si muove. Ma se hai deciso di tirare a destra o a sinistra, non devi cambiare idea, altrimenti aumenta la possibilità di sbagliare”.

A chi conferirebbe oggi il Pallone d’Oro: A Mbappé. E’ troppo più forte degli altri. L’ho incontrato da ct dell’Ucraina, contro la Francia. Ha potenzialità incredibili. Fisicamente quando parte è imprendibile, gira a sinistra e a destra, entra in area, attacca lo spazio. Ha il suo stile, è molto più veloce di me, la sua partenza è un po’ come quella di Ronaldo Fenomeno, che era più centravanti. Mbappé va a lato, fiuta lo spazio: è un giocatore unico. Quando nasce un fenomeno, è sempre un giocatore unico, i paragoni non rendono mai l’idea. Lui ha forza, rapidità, movimento, attira l’avversario e poi si butta nello spazio. Si vede che in campo ha la scintilla. Ed è elegante col suo modo di tirare: certo, deve ancora migliorarsi, ma segna già tanti gol, anche in Champions. Anche lui ha cominciato presto a sentire la musichetta dell’inno”.

Il Milan il club giusto per crescere: “Sicuramente la possibilità di alzare il livello del gioco, il gusto per l’estetica: quando entri in squadre che competono per vincere tutto, la scala è grande ma in cima si restringe. Il successo del Milan era basato sulla qualità, ma ancora di più sulla personalità individuale: non è per caso che tanti di noi dopo il calcio giocato, siano diventati persone di successo, dirigenti importanti, allenatori, presidenti, politici”.

Sulla possibilità per il Milan di tornare in Champions League: “Spero che finalmente ci torni, soprattutto per  i tifosi: 10 anni fa avrei detto che era impossibile un’assenza così lunga. Ma tante cose sono successe in questo periodo, a cominciare dal fatto che Silvio Berlusconi ha venduto la società”.

Il rapporto con Maldini e i suoi meriti: “Ci sentiamo spesso. Il suo lavoro da direttore tecnico è ottimo. La competitività nel calcio italiano è alta, a parte l’Inter, che ha fatto la differenza anche perché la Juventus è calata. E’ un campionato equilibratissimo, lo dimostra proprio la lotta per la Champions”.

Sulla voglia di allenare un club internazionale: “Sì. Mi diverto, mi piace il mio lavoro di allenatore. Richiede tanta energia. Non mi chieda a quale, ma voglio passare a un club di livello internazionale”.

Impostazioni privacy