Dudek: “Il Milan mi piace, ma il Liverpool è il top. Istanbul? Tattica bastarda”

L’ex portiere polacco, incubo rossonero nella notte di Istanbul, commenta la vigilia di Liverpool-Milan di Champions.

Kaka e Dudek
Kaka e Dudek (Getty Images)

Nella sua lunga e gloriosa storia difficilmente il Milan ha considerato un singolo calciatore avversario come una sorta di incubo o bestia nera. Ma ce n’è uno che fa eccezione: Jerzy Dudek, ex portiere polacco che con le sue parate clamorose ed i balletti satanici riuscì ad ipnotizzare i rossoneri e regalare la clamorosa finale di Champions League al suo Liverpool nel 2005.

Alla vigilia di un nuovo Liverpool-Milan, molto meno decisivo di quello giocatosi a Istanbul, Dudek torna a parlare intervistato dalla Gazzetta dello Sport. L’ex numero uno ha parlato del possibile esito dell’incontro di domani: “Il Milan mi piace, ha grandi giovani, ma il Liverpool è il Liverpool. Klopp ha creato una squadra solida che gioca a memoria. Van Dijk è il difensore più forte d’Europa. Salah una sicurezza. Se dovessi sceglierne un altro che mi piace direi Henderson, molto sottovalutato”.


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Dudek: “Il balletto a Istanbul? Un’idea di Carragher”

Impossibile non tornare agli episodi del 2005, quella pazza finale vinta dal suo Liverpool ai calci di rigore. In particolare i balletti che distrassero Shevchenko e compagni: “Fu un’idea di Carragher, prima dei rigori mi disse di inventare qualcosa. ‘Fai come Grobbelaar trent’anni fa, contro la Roma’. Non ero il tipo, preferivo concentrarmi, studiare gli appunti che avevo preso sui rigoristi, ma andò bene. Serginho tirò altissimo, così continuai. Appena i rossoneri partivano da centrocampo, iniziavo a ondeggiare sulla linea e a muovere le mani. Volevo distrarli. Ci sono circa 30 metri da lì al dischetto, in quel momento ti viene in mente di tutto. Percepivo paura nei loro occhi. Fu una tattica bastarda, lo so, ma dovevamo vincere”.

Dudek svela anche un retroscena: “Dissi a Tomasson, che conoscevo dai tempi del Feyenoord, che loro erano favoriti ma stavolta toccava a noi. Ridevano, ma alla fine risi io. Si disse che il Milan aveva stappato lo champagne a fine primo tempo e indossato la maglia dei campioni. All’intervallo Benitez ci guidò con calma e sicurezza. Diede un paio di consigli, poi indicò la porta e ci disse di uscire a testa alta. Aspettammo il Milan in campo per 2-3 minuti. La parte Reds dello stadio ci accolse cantando ‘You’ll never walk alone’ a tutto volume…”

Infine sul rigore parato a Shevchenko: “Ero strasicuro che l’avrei neutralizzato. Ormai ero ‘self confident’ al 100%. È stata una guerra di nervi e ho vinto io. Noi. I Reds. Sheva lo incontro spesso negli incontri tra le Legends e mi chiede come ho fatto a parare quel colpo di testa e la ribattuta al 117′ minuto. E’ il calcio, cosa devo rispondergli? Istinto puro, oggi tocca a me, domani a te”.

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